Un salto in paradiso: la libreria Shakespeare & Company a Parigi
- ormedinchiostro
- 21 mar 2015
- Tempo di lettura: 3 min

Vi racconto una storia.
In un tempo non tanto lontano, all’inizio degli anni Venti, un certo signor James Joyce si reca a Parigi per una gita di qualche giorno (e ci rimarrà per anni). Ha appena lasciato Trieste, che con tutto quel vento lo ha stancato, e sta terminando la stesura del suo monumentale Ulisse. Purtroppo nessuno sembra intenzionato a pubblicare la sua opera e il povero, depresso James si ritrova a passeggiare pensoso per le stradine del Quartiere Latino, come i molti scrittori stranieri squattrinati che affollano Parigi. E, come buona parte di loro, finisce nella splendida libreria al numero 12 di Rue de l’Odéon: Shakespeare & Company.
La titolare è una ragazza americana di nome Sylvia Beach, con una passione viscerale per la letteratura. James prende a frequentare assiduamente la libreria ed è inevitable parlare dell’Ulisse. Lei lo legge, lui le racconta che l’opera è stata bandita, lei si commuove di tale ingiustizia e propone a Joyce di pubblicare lei stessa il suo libro. E’ cosi’ che la giovane libraia senza esperienza, ma con un grande fuoco interiore, diventa l’editore del grande Joyce, la pioniera del self-publishing.
La Shakespeare & Company resiste a diverse avversità economiche e continua a essere luogo di ritrovo per cultori delle lettere in lingua inglese. Nel 1940 però Parigi piomba nell'oscurità dell’invasione nazista e James fugge a Zurigo, dove nel ‘41 muore preda di diverse malattie. Sylvia invece resta al suo posto, in libreria, e manifesta apertamente la sua antipatia verso i nazisti che le confiscano i libri e la costringono a chiudere il negozio. Sono tempi duri e Sylvia Beach viene perfino internata.
L’indomita libraia sopravvive pero’ alla spaventosa guerra e, nella Parigi del 1944, l’amico Ernest Hemingway celebra la ritrovata libertà anche nel piccolo territorio in Rue de Odéon, come se fosse una piccola nazione tornata indipendente. Ernest Hemingway, Ezra Pound, Francis Scott Fitzgerald, Gertrude Stein, George Antheil, Man Ray saranno fra gli assidui frequentatori della Shakespeare & Company, Sylvia però è ormai stanca.
A quel punto entra in scena un altro libraio, un altro americano innamorato di Parigi e ammiratore della coraggiosa avventura di Sylvia. E’ George Whitman che definisce la Shakespeare & Company "un'utopia socialista mascherata da libreria". Riceve da Sylvia il permesso di poter usare il nome Shakespeare & Company e con esso ribattezza la sua libreria.
Del vecchio negozio di rue de l’Odéon 12 oggi sono rimaste solo il nome, una targa che evoca la grandezza della sede originale e la passione di fornire bei romanzi in inglese agli abitanti di Parigi. Al banco dell’attuale Shakespeare & Company c’è una simpatica libraia. Si chiama Sylvia (ma guarda un po’!) ed è la figlia di Whitman. La libreria si trova ora in un altro luogo: in rue de la Bûcherie 37, a pochi passi dal lungosenna e dalla cattedrale di Notre Dame. Offre posti per dormire, ricavati dai divani al suo interno, ad artisti e scrittori squattrinati in cambio di alcune ore di lavoro fra gli scaffali. Si legge su una porta: “Be not inhospitable to strangers, lest they be angels in disguise” “Non siate inospitali con gli sconosciuti, potrebbero essere angeli in incognito”. E’ la sintesi della filosofia di pensiero che aleggia tra quegli scaffali sempre animati da eventi come il sunday tea, incontri con gli scrittori e letture di poesie.
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