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Review: "Mal di pietre" by Milena Agus

  • ormedinchiostro
  • 30 mar 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

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Un paesino all’interno della Sardegna e una ragazza calda e appassionata, dalla sensuale bellezza e la testa piena di fantasie: una combinazione inaccettabile se ci si trova nei primi decenni del Novecento e in una famiglia tradizionalista e rigidamente cattolica che vede il peccato in ogni piccolo anelito di libertà e in ogni accenno di stravaganza. In una società in cui l’essere diversi e espimere i propri desideri fuori dagli schemi è uno scandalo, specie se si è una donna, è comodo scegliere di attribuire la stranezza alla malattia, alla follia. Così viene etichettata la protagonista del romanzo di Milena Agus, raccontata dalla voce narrante della nipote che attraverso un quadernetto sgualcito si è insinuata nella vita segreta della nonna. Fin da piccola la madre l'aveva già marchiata e cercava, anche con con dure punizioni corporali di riportarla sulla retta via: per lei era macca schetta - matta schietta - chi teniri sa conca prena de bentu - che tieni una testa piena di vento. “La trattava sempre come se non fosse sangue del suo sangue” e una volta aveva perfino chiesto al prete di liberarla dal demonio. Cio’ che la ragazza in realtà desiderava più al mondo era l'amore, tanto importante quanto difficile da ottenere perché "se non vuole arrivare non arriva con il letto e neppure con la gentilezza e le buone azioni". I desideri repressi, la frustrazione e la crudeltà della madre la conducevano alla disperazione e a fenomeni di autolesionismo. Vista la fama, nessun pretendente bussava alla porta e a trent’anni era ormai considerata una zitella, finché il padre la obbligo’ a sposare un vedovo buono e gentile, uno sfollato rifugiatosi a Cagliari nel ’43.

Non si amavano, ma la loro vita procedeva tranquilla e lineare, fatta di piccoli riti quotidiani, sullo sfondo di una modesta cucina densa di aroma di caffè e orzo appena tostato. Erano assidue le incursioni del marito alle case chiuse, surrogato alla mancanza assoluta di rapporti coniugali. "Spiegatemi cosa fate con quelle donne e io farò tutto uguale", propose un giorno la protagonista al marito, per economizzare. Ciò la farà diventare moglie, ma resterà dell’idea che l’amore fosse altro. Finché un giorno, poiché le frequenti coliche renali le impedivano una gravidanza, si rese necessario ricorrere alle cure termali in continente. Là incontro’ il Reduce, un uomo gentile, colto, con cui si ritrovo’ a condividere poesie, musica, sentimenti e qualche momento di tenero erotismo. Dopo il viaggio la nonna non incontrerà più il Reduce, ma nove mesi dopo il rientro, arriverà l’attesa nascita, il padre della narratrice, amato dal nonno e pieno di talento per la musica e per il pianoforte -come il Reduce- destinato a diventare un celebre concertista : “Papà glielo disse che non era una buona idea, che non bisogna mettere ordine nelle cose, ma assecondare il casino universale e suonarci sopra.

Il ricordo del Reduce resterà sempre nella mente della donna, una sorta di sogno che l'accompagnerà fino alla morte, quasi a voler significare che l'unico modo per accettare la realtà è quello di trovare una via di sfogo nell'idealizzazione di ciò che è il nostro massimo desiderio. Il racconto di Milena Augus non è solo un succedersi di eventi, è un profondo viaggio interiore nell’anima delle donne, e immedesimarsi con la protagonista e con la sua storia è inevitabile. A quanto può arrivare l'immaginazione di noi donne? A volte siamo capaci di viaggiare così tanto con la fantasia da credere che cose presenti solo nella nostra testa siano invece realmente avvenute. La stanchezza e la delusione di cio’ che ci circonda ci porta a rifugiarci in un mondo tutto nostro, dove tutto sembra diverso e le persone sono come noi le desideriamo. Un mondo in cui trovare dolcezza, passione, felicità, in cui immergerci tutto d'un fiato, fino a farci mancare il respiro.


 
 
 

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