Due passi con ...
- ormedinchiostro
- 25 giu 2015
- Tempo di lettura: 3 min
Alessandro Baricco

1998, attraversano la mia strada parole sensuali, note leggere, sfuggenti, languide, esotiche, seducenti, quasi impalpabili … di “Seta”. Sono latrici di un messaggio incantatore a cui non riesco a resistere. Mi lascio avvolgere, sedurre, portare via lontano, troppo lontano ... “Per mille volte cercò gli occhi di lei, e per mille volte lei trovò i suoi. Era una specie di triste danza, segreta e impotente. Hervé Joncour la ballò fino a tarda notte [...].”
Erano le prime parole che leggevo di Baricco. Mi avevano sedotta e abbandonata, marcato un momento di svolta nella mia vita e lasciato tracce dolorosamente indelebili. Nonostante cio’ sentivo il bisogno di sperimentarne ancora e ne ho trovate molte altre, di perfino piu’ poetiche e soavi, ma anche sagge, illuminate e d’incredibile lucidità.
Parole che mi hanno consolata, guarita, che mi hanno fatto sognare, riflettere, viaggiare in luoghi incantati, in compagnia di amici indimenticabili.
Ho navigato su un transatlantico, nei primi del novecento, e ho visto un uomo elegante in cima alla scaletta, determinato a scendere a terra, guardare davanti a sé e dopo un attimo tornare indietro : “davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita... Se quella tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Tu sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.” (cit “Novecento”)
Ho vissuto nella città di Quinnipak e mi sono rivoltata rabbiosamente contro il destino ingiusto “Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand'è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva”
Ho rivisto l’orrore e i fiumi di sangue della distruzione di Troia, percorso le tappe di Ultimo Parri (“Questa storia”), indagato il mistero di Mr Gwyn, rivissuto per tre volte la stessa alba e, soprattutto, ho camminato lungo una spiaggia, sulle orme di personaggi affascinanti e indimenticabili: Bartleboom, Plasson, Madame Deverià, Elisewin. “Oceano mare” è stata una lunga passeggiata a piedi nudi sulla riva del mare, nella solitudine e in un meraviglioso silenzio. Solo il mare, in verità, ha parlato raccontando storie diverse a seconda di chi lo accoglie nella sua esistenza. Il mare: la vita, l’amore, l’eterno, il coraggio, la volontà di raccogliere la sfida e cambiare il proprio destino.
Una lezione che non ho mai dimenticato:
“Sai cos'è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo. Tempo che passa. E basta.”
Prossimo appuntamento con Alessandro “La sposa giovane”
Comments