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Review: "Il palazzo delle pulci" by Elif Shafak

  • ormedinchiostro
  • 29 ago 2015
  • Tempo di lettura: 2 min

Nella metà degli anni sessanta Istanbul conosce un periodo di elevatissima crescita demografica e la conseguente esigenza di costruire nuove abitazioni e nuove strade. Senza un’adeguata pianificazione edilizia, la cementificazione procede selvaggia e incontrollata, portando anche allo sgombero di antichi cimiteri in diversi punti della città.


Proprio su un vecchio cimitero, metà turco, metà armeno, un ricco emigrato russo costruisce una palazzina signorile, Palazzo Bonbon, come dono per la moglie che, emigrata anche lei, ha perso la figlia e anche il senno.

Alla morte dei proprietari per il Palazzo Bonbon inizia il declino fino a ridursi, ai giorni nostri, a una struttura fatiscente, infestata da scarafaggi e da un’incredibile puzza di immondizia.


Il condominio è abitato oggi da un'umanità stravagante e coloratissima che offre uno spaccato di vita di una città che da sempre è in bilico tra l’Oriente e l’Occidente, fra passato e futuro, fra tradizione e modernità.

C'è il narratore, un professore universitario che si divide tra la passione per le donne, quella per l’alcol, e quella per Kierkegaard. Ci sono i parrucchieri gemelli Cemal e Celal, la misteriosa Amante Blu, la famiglia FigliDelFuoco, nonno Hadji Hadji che ama raccontare storie per terrorizzare i suoi nipoti. Al numero 6 c’è Metin con SuaMoglieNadia, profuga ucraina la cui unica attività è vedere le soap opera in TV, c'è la stramba Igiene Tijen con la figlioletta Su e ci sono ancora la vecchia, misteriosa, Madama Zietta e gli inseparabili amici Sidar e Gaba.


L’idea delle storie che si svolgono in ognuno degli appartamenti di palazzo Bonbon è ben congegnata e divertente. Sembrano esserci tutti i presupposti per un romanzo frizzante e intrigante, ma purtroppo le aspettative naufragano già dopo i primissimi capitoli.

I personaggi hanno personalità scialbe e per niente coinvolgenti e le loro vicende sono insignificanti e mal collegate tra loro. Anche il linguaggio, ampolloso, ridondante e costellato di fastidiosi esercizi stilistici, rende faticosa lettura.


Un vero peccato. Dopo avere apprezzato molto "Le quaranta porte " e soprattutto “La bastarda di Istanbul", questo libro è stato davvero una delusione.

Qualche riflessione merita comunque di essere ricordata:

“Se c'è una cosa al mondo che tende a crescere per dispetto e dilagare senza freni nel momento in cui dovrebbe contenersi, è proprio l'ansia. La paura ha una fine, un punto di saturazione. Quando lo si raggiunge non è possibile proseguire oltre neppure volendolo. L'eccessiva paura si anestetizza da sola. L'ansia, invece, è l'acqua velenosa di un pozzo senza fondo. Non provoca overdose e non c'è antidoto che la elimini. Tanto quanto l'origine della paura è concreta ed evidente, così l'origine della dell'ansia è indefinita e astratta. Di conseguenza, se non è difficile stabilire la ragione che si cela dietro la paura, non esiste invece un modo per individuare la causa di un'ansia continua”


 
 
 

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